Nella prima riflessione pubblicata nel Piccolo del 30 aprile scorso, c'era
un'affermazione che vale la pena riprendere. Si diceva: «E' ormai evidente e urgente la
necessità di impostare la programmazione non per “attività” ma per
“obiettivi”».
Programmare per attività significa mettersi attorno a un
tavolo e chiedersi: “cosa possiamo fare?”. Coloro che hanno molta
fantasia, sono i più facilitati a rispondere alla domanda. Si predispone un
elenco di attività che possano piacere ai ragazzi e rientrino nelle esperienze
consolidate degli educatori, poi ci si impegna a realizzarle. Alla fine si può
dire: «Abbiamo fatto molte cose!»
Programmare per obiettivi, invece, significa mettersi
attorno a un tavolo e chiedersi: “dove vogliamo arrivare?”, “tenendo
conto della situazione del gruppo, quale passo avanti possiamo proporci?”. Solo
dopo si pensa ai contenuti e alle attività utili per raggiungere il traguardo
che abbiamo individuato.
A questo punto posso tentare di dare un significato
concreto a questi vocaboli: meta, finalità, obiettivo.
La “META”, già lo dice la parola, è il traguardo
finale che si vuole raggiungere. Nell'attività pastorale potrebbe essere
diventare “adulti nella fede”. «Adulto nella fede è chi ha incontrato
Gesù Cristo, Colui che dà origine alla fede e la porta a compimento (Eb 12,2).
In Lui è la piena rivelazione del volto del Padre e la comunione con il Suo
Spirito. Il dono di questa esperienza rende il fedele capace di vivere ed
esprimere personalmente la sua vita nella fede e lo inserisce nella comunità
cristiana. Solo chi fa esperienza di Dio in Gesù Cristo può definirsi credente
e credibile perché capace di vivere e generare valori cristiani e modelli
evangelici di vita buona. Il cristianesimo si «racconta» e si testimonia con
uno stile di vita coerente. La maturità nella fede va considerata una meta
dinamica. Le scienze dell’uomo pensano la condizione adulta di vita come «progetto» e
«processo» che impegna tutto il corso della vita. La maturità cristiana si
configura più come un percorso di ricerca, orientato dalla fede, che come una
traguardo conseguito in forma definitiva. In tal senso si parla di una maturità
di fede relativa alle varie età. Il RdC n. 38 la individua nell’integrazione tra fede e vita e
nella cosiddetta mentalità di fede […].» (Cf. Orientamenti, nn. 24, 51, 66, 76).
La “FINALITÀ” indica il risultato che si vuole
raggiungere attraverso una determinata attività in un tempo lungo. Può aver
bisogno di una scaletta di diversi obiettivi. Per esempio la finalità generale
della pastorale, come si esprime la Sacrosanctum Concilium, viene indicata in questo modo: «Il lavoro apostolico, infatti, è
ordinato a che tutti, diventati figli di Dio mediante la fede e il battesimo,
si riuniscano in assemblea, lodino Dio nella Chiesa, prendano parte al
sacrificio e alla mensa del Signore» (SC 10). Questa finalità riguarda tutte le attività che la comunità
parrocchiale organizza: feste, gite, oratorio, attività ludiche e sportive,
catechismo, ecc...
Gli “OBIETTIVI” hanno a che fare con ognuna di queste
attività. Sono come i gradini di una scala che salendo pian piano, portano al
piano superiore. Per esempio il “piano superiore” dell'educazione alla vita di fede
secondo il Documento
di Base della Catechesi in Italia è così indicato: «... Educare al pensiero di Cristo, a vedere la storia come Lui, a
giudicare la vita come Lui, a scegliere e ad amare come Lui, a sperare come
insegna Lui, a vivere in Lui la comunione con il Padre e lo Spirito Santo. In
una parola, nutrire e guidare la mentalità di fede: questa è la missione
fondamentale di chi fa catechesi a nome della Chiesa.
In modo vario, ma sempre organico, tale
missione riguarda unitariamente tutta la vita del cristiano: la conoscenza
sempre più profonda e personale della sua fede; la sua appartenenza a Cristo
nella Chiesa; la sua apertura agli altri; il suo comportamento nella vita» (RdC
38).
Questa ultima affermazione in realtà indica
gli obiettivi necessari per raggiungere il “piano superiore“ del percorso di
educazione alla vita di fede.
Nel prossimo numero proveremo a vedere in modo
più puntuale quali sono questi obiettivi e da dove si parte. Parleremo anche di
come l'Ufficio Catechistico è chiamato a proporre un progetto diocesano che
individui itinerari possibili di catechesi e che desidereremmo fosse il più
possibile condiviso, tale da facilitare la collaborazione tra parrocchie
preservando la comunione della Chiesa.
Per l'Ufficio Catechistico
don Antonio
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continua)